domenica 16 febbraio 2014

Le nostre industrie, i metalli pesanti e le urine dei nostri adolescenti



«Inquinamento e valori, Gitto replica al consigliere Marano», questo il titolo di un trafiletto apparso oggi sulla Gazzetta del Sud, in cui l’assessore comunale all’ambiente richiama il consigliere, reo di aver «scoperto l’acqua calda», avendo diramato dati – sulle emissioni della Raffineria - pubblicati online già da un mese sul sito internet del Comune di Milazzo. Il riferimento – stando a quanto riferisce la Gazzetta – è al rapporto “Mal’aria industriale” di Legambiente. «La fonte di questi dati – precisa Gitto – è il Registro europeo. Le soglie di rilevanza sono dei valori sicuramente da attenzionare, ma i valori limite sono altri e stabiliti dall’Aia».

Ma, a mio parere, è proprio il riferimento all’AIA della Raffineria (Autorizzazione Integrata Ambientale, il provvedimento con cui vengono disciplinate e monitorate le emissioni inquinanti nell'ambiente) che dovrebbe far riflettere maggiormente e invitare ad una disamina più pacata e ponderata, tanto più che la stessa AIA è stata messa in relazione – a torto o a ragione - al suddetto rapporto di Legambiente. Mi spiego.

 La Raffineria di Milazzo negli anni Sessanta

Prendiamo in primo luogo in considerazione il recente biomonitoraggio condotto dal Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Messina in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Condotto dal prof. Francesco Squadrito, tale biomonitoraggio ha accertato che un campione di circa 200 adolescenti delle scuole medie di Milazzo, S. Lucia del Mela, S. Filippo del Mela e di altri quattro comuni ricadenti nel comprensorio industriale denominato “Valle del Mela”, opportunamente esaminati (emocromo, urine ed ecografie), è risultato essere vittima dell’inquinamento: le loro urine hanno messo in luce la presenza di metalli pesanti nel loro organismo (in particolar modo nichel, cadmio e cromo).
Il rapporto del prof. Squadrito, alquanto allarmante, è stato presentato nel luglio 2013, riscontrando che in ben 31 casi su 200 si sono presentate alterazioni morfologiche nell'apparato riproduttore degli adolescenti, tutti di età compresa tra i 12 ed i 14 anni. Il biomonitoraggio è stato inoltre oggetto di un’interrogazione parlamentare presso il Senato della Repubblica (atto di sindacato ispettivo n° 3-00455 pubblicato il 5 novembre 2013, nella seduta n. 134, ad opera dei senatori Catalfo, Nugnes, Pepe e Martelli) e soprattutto attenzionato, nello stesso mese di novembre, dalla Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto che ha aperto di conseguenza un’indagine.

Ed andiamo adesso al rapporto di Legambiente, quello per il quale Marano avrebbe scoperto l’acqua calda. Come attesta Mal’Aria Industriale (novembre 2012), il nichel viene rilasciato nell’ambiente in modo massiccio dalla Raffineria di Milazzo, mentre il cromo dalla Centrale Termoelettrica di S. Filippo del Mela. Le due aziende – indubbiamente le più importanti tra quelle ricadenti nel comprensorio industriale denominato “Valle del Mela” - in questo tipo di “produzione” si collocano inoltre ai vertici degli stabilimenti italiani che rilasciano nell’ambiente tali tipologie di sostanze, rispettivamente in seconda ed in sesta posizione nella classifica delle emissioni nell’atmosfera di nichel e cromo.

E torniamo all’AIA, chiudendo dunque il nostro ragionamento. Ebbene è stata rilasciata alla Raffineria di Milazzo nel recente 2011 (in occasione della realizzazione della nuova unità idrogeno HMU3). Esaminando in particolare il relativo parere rilasciato in data 25 febbraio 2011 in sede di istruttoria dalla Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale si evince che alla predetta data del febbraio 2011 “sul territorio regionale non si rilevano in via continuativa metalli pesanti (…)» e che «la rete regionale di monitoraggio della qualità dell’aria è in fase di revisione ed adeguamento ai criteri stabiliti dagli standard europei», oltre alla circostanza che «le stazioni di monitoraggio per metalli saranno inserite nel contesto della rete regionale di monitoraggio nel nuovo assetto futuro”.

«I valori limite sono altri e stabiliti dall’Aia», ci ricorda l’assessore Gitto. Ma è proprio la stessa AIA che prende atto dell’inadempienza della Regione Siciliana in materia di monitoraggi continuativi sui metalli pesanti. Monitoraggi che – qualora venissero realizzati – comporterebbero verisimilmente un riesame immediato dell’AIA rilasciata alla nostra Raffineria. Quel riesame che, per un cavillo burocratico, non viene paradossalmente consentito al vicino Comune di S. Lucia del Mela, il cui territorio ricade nell’area ad alto rischio ambientale ed i cui adolescenti presentano – in valori maggiori rispetto a quelli registrati negli altri Comuni, stando al rapporto del prof. Squadrito - tracce di metalli pesanti nelle urine.

A tal proposito molto interessante è quello che sta avvenendo proprio in questi giorni in un’altra regione a statuto speciale, il Friuli Venezia Giulia, dove l’Arpa ha appena ricevuto dall’assessorato regionale competente l'incarico di portare avanti, in collaborazione con l'Università di Trieste, «uno studio approfondito sulla qualità dell'aria del monfalconese che preveda, oltre all'utilizzo di apparecchiature automatiche per la rilevazione su basi chimico-fisiche, anche l'uso dei licheni epifiti come bioindicatori, al fine di certificare il livello delle emissioni nell'aria con particolare riguardo per i metalli pesanti». Con l’iniziativa in questione, promossa dall’assessore regionale all'Ambiente ed Energia, Sara Vito, in risposta ad un’interpellanza sulle emissioni della Centrale Termoelettrica di Monfalcone, «solo ora l’attenzione relativa ai livelli di inquinamento nel monfalconese ha acquisito centralità nell’azione amministrativa della Regione, in quanto né il biomonitoraggio con i licheni, né tanto meno l'indagine epidemiologica [erano] mai stati avviati con l'obiettivo di avere, aggiornati, tutti gli elementi scientifici che potrebbero motivare anche un eventuale riesame dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) rilasciata alla Centrale di Monfalcone (…). Inoltre, le rilevazioni sinora eseguite nel monfalconese si riferivano a parametri come l’anidride solforosa, gli ossidi di azoto, il monossido di carbonio, le polveri, ma erano carenti di informazioni su alcuni inquinanti, come appunto i metalli pesanti».




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