giovedì 11 dicembre 2014

Bosco, Pino e le polemiche sotto l'albero.


Il titolo farebbe piacere al mio amico arch. Aveni, dirigente dell'Aziende Foreste. Si tratta di un piccolo intervento per rispondere ad alcuni amici che chiedono lumi sulla figura di Bosco. Non trovo nulla di antipatico nell’intitolazione, da parte dell’Amministrazione Pino, di una strada al generale borbonico (lo sconfitto della battaglia garibaldina del 20 Luglio 1860 per intenderci), che anzi potrebbe essere interpretata in chiave riconciliatoria. Tanto più che, contrariamente a quel che si potrebbe pensare, era persona molto stimata dall’uomo simbolo del nostro Risorgimento. Mi riferisco all’illustre milazzese Stefano Zirilli, di cui riporto di seguito qualche passo significativo di una sua operetta pubblicata nel 1884. In chiave riconciliatoria abbiamo pensato e ideato anche il centenario della Grande Guerra, commemorando Otto Jank, ufficiale austroungarico deceduto per malattia in seguito a detenzione nel campo di prigionia del Castello di Milazzo. L’ufficiale riposa oggi nel nostro Cimitero. Riconciliazione dettata dal comune sentire europeo che oggi anima la nostra politica estera. Oggi, con l’Europa unita, la Grande Guerra può essere considerata come una vera e propria guerra civile. Giusto pertanto commemorare anche i nostri nemici di allora. Una guerra civile, dunque. Altrettanto lo era il conflitto tra garibaldini e borbonici. Ben venga dunque lo spirito riconciliatorio, se questo (come mi auguro) è stato lo spirito che ha animato la delibera della giunta municipale. Giusto quindi commemorare anche il Bosco con l’intitolazione di una pubblica strada. 

Di antipatico, invece, trovo soltanto le strumentalizzazioni sull’intitolazione a Bosco da parte dei cosiddetti neoborbonici, che continuano a screditare la nostra storia risorgimentale. E’ grazie allo Stato unitario che si è messo in moto quel processo liberale che ci ha dotato di una costituzione (lo Statuto Albertino) e di libertà politiche, che, nel caso del diritto di voto, si sono via via evolute sino al traguardo del suffragio universale nel ’46. Il monarca Borbone non mi pare fosse ben disposto a concedere questo genere di libertà. Se dunque gli amici neoborbonici oggi si permettono il lusso di criticare, lo fanno proprio grazie alle libertà concesse dai tanto vituperati Savoia. Oggi, grazie a Dio, viviamo in uno degli stati europei economicamente più floridi (malgrado la crisi in atto), ma soprattutto in una Repubblica democratica fondata su una carta costituzionale figlia proprio dello Statuto Albertino. Malgrado tutto (fascismo e fuga del sovrano compresi) i Savoia ci hanno consegnato uno Stato alquanto dignitoso, evolutosi in quella stessa repubblica democratica, la quale, malgrado le presunte ruberie postunitarie ai danni del Sud (ma quanti investimenti ha sperperato il Sud nel secondo dopoguerra?), consente oggi d’intitolare una strada al generale borbonico Bosco.

La sera del 19 luglio 1860, ritornando dal campo di Merì, dove alloggiava Garibaldi, l’illustre milazzese Stefano Zirilli riceveva l’invito del generale Bosco, suo vecchio amico, al fine di presentarsi per un colloquio nel Quartiere generale borbonico entro il Castello di Milazzo. «Fu allora che ricordandomi de’ pieni poteri datimi da Medici – avrebbe scritto Zirilli 24 anni dopo – mi offersi mediatore fra lui e Garibaldi, anche se avessi dovuto svegliarlo di notte nel Campo di Medici. Perorai per più d’un’ora, senza altra risposta che sempre queste precise parole: “Lo so che sarò battuto, epperò ho voluto parlarti prima; ma farò fino all’ultimo il mio dovere. Mi offenderesti continuando ad insistere”. Fu allora che presi commiato da lui, che non ho mai più riveduto. Da quel momento – continua Zirilli - ebbi per Ferdinando Bosco cento volte più stima e di affetto che non ne’ 34 anni precedenti di nostra fraterna amicizia, e fra me dicevo: ecco almeno un carattere fermo ed intero fra tanta rovina di uomini e di fede! Ci abbracciammo commossi e con le lagrime agli occhi, né quella intima conferenza è mai svanita dal mio cuore e dalla mia mente, lieto di potere oggi adempiere la promessa allora fattagli di informare il mondo de’ suoi sentimenti intimi in quelle ore supreme. Spero bene che questa schietta manifestazione di un vecchio, innanzi la tomba del suo amico (Bosco era deceduto tre anni prima, ndr), vicino a raggiungerlo, abbia la virtù di modificare il rapporto inesatto del Buttà e degli scrittori che l’hanno preceduto e seguito».

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