Il titolo farebbe piacere al mio amico arch. Aveni, dirigente dell'Aziende Foreste. Si tratta di un piccolo intervento per rispondere ad alcuni amici che chiedono lumi sulla
figura di Bosco. Non trovo nulla di antipatico nell’intitolazione, da parte
dell’Amministrazione Pino, di una strada al generale borbonico (lo sconfitto della battaglia garibaldina del 20 Luglio 1860 per intenderci), che anzi potrebbe
essere interpretata in chiave riconciliatoria. Tanto più che, contrariamente a
quel che si potrebbe pensare, era persona molto stimata dall’uomo simbolo del
nostro Risorgimento. Mi riferisco all’illustre milazzese Stefano Zirilli, di
cui riporto di seguito qualche passo significativo di una sua operetta pubblicata
nel 1884. In chiave riconciliatoria abbiamo pensato e ideato anche il
centenario della Grande Guerra, commemorando Otto Jank, ufficiale
austroungarico deceduto per malattia in seguito a detenzione nel campo di
prigionia del Castello di Milazzo. L’ufficiale riposa oggi nel nostro
Cimitero. Riconciliazione dettata dal comune sentire europeo che oggi anima la
nostra politica estera. Oggi, con l’Europa unita, la Grande Guerra può essere
considerata come una vera e propria guerra civile. Giusto pertanto commemorare
anche i nostri nemici di allora. Una guerra civile, dunque. Altrettanto lo era
il conflitto tra garibaldini e borbonici. Ben venga dunque lo spirito
riconciliatorio, se questo (come mi auguro) è stato lo spirito che ha animato la delibera della
giunta municipale. Giusto quindi commemorare anche il Bosco con l’intitolazione
di una pubblica strada.
Di antipatico, invece, trovo soltanto le
strumentalizzazioni sull’intitolazione a Bosco da parte dei cosiddetti
neoborbonici, che continuano a screditare la nostra storia risorgimentale. E’
grazie allo Stato unitario che si è messo in moto quel processo liberale che ci
ha dotato di una costituzione (lo Statuto Albertino) e di libertà politiche,
che, nel caso del diritto di voto, si sono via via evolute sino al traguardo del
suffragio universale nel ’46. Il monarca Borbone non mi pare fosse ben disposto
a concedere questo genere di libertà. Se dunque gli amici neoborbonici oggi si
permettono il lusso di criticare, lo fanno proprio grazie alle libertà concesse
dai tanto vituperati Savoia. Oggi, grazie a Dio, viviamo in uno degli stati
europei economicamente più floridi (malgrado la crisi in atto), ma soprattutto
in una Repubblica democratica fondata su una carta costituzionale figlia proprio
dello Statuto Albertino. Malgrado tutto (fascismo e fuga del sovrano compresi)
i Savoia ci hanno consegnato uno Stato alquanto dignitoso, evolutosi in quella
stessa repubblica democratica, la quale, malgrado le presunte ruberie postunitarie
ai danni del Sud (ma quanti investimenti ha sperperato il Sud nel secondo
dopoguerra?), consente oggi d’intitolare una strada al generale borbonico Bosco.
La sera del 19
luglio 1860, ritornando
dal campo di Merì, dove alloggiava Garibaldi, l’illustre milazzese Stefano
Zirilli riceveva l’invito del generale Bosco, suo vecchio amico, al fine di
presentarsi per un colloquio nel Quartiere generale borbonico entro il Castello
di Milazzo. «Fu allora che ricordandomi de’ pieni poteri datimi da Medici –
avrebbe scritto Zirilli 24 anni dopo – mi offersi mediatore fra lui e
Garibaldi, anche se avessi dovuto svegliarlo di notte nel Campo di Medici.
Perorai per più d’un’ora, senza altra risposta che sempre queste precise parole:
“Lo so che sarò battuto, epperò ho voluto parlarti prima; ma farò fino all’ultimo
il mio dovere. Mi offenderesti continuando ad insistere”. Fu allora che presi
commiato da lui, che non ho mai più riveduto. Da quel momento – continua Zirilli
- ebbi per Ferdinando Bosco cento volte più stima e di affetto che non ne’ 34
anni precedenti di nostra fraterna amicizia, e fra me dicevo: ecco almeno un
carattere fermo ed intero fra tanta rovina di uomini e di fede! Ci abbracciammo
commossi e con le lagrime agli occhi, né quella intima conferenza è mai svanita
dal mio cuore e dalla mia mente, lieto di potere oggi adempiere la promessa
allora fattagli di informare il mondo de’ suoi sentimenti intimi in quelle ore
supreme. Spero bene che questa schietta manifestazione di un vecchio, innanzi
la tomba del suo amico (Bosco era deceduto tre anni prima, ndr), vicino a
raggiungerlo, abbia la virtù di modificare il rapporto inesatto del Buttà e
degli scrittori che l’hanno preceduto e seguito».